martedì 11 dicembre 2007

"DIARIO DI TRINCEA" di Stefano Montrasio


Vi voglio svelare un grande segreto: il mondo non si divide in ricchi e poveri; né in bianchi e neri; né in uomini e donne. Si divide in persone che hanno avuti figli con le coliche e persone che li hanno avuti senza. Il destino cieco e baro ha voluto che noi appartenessimo in pieno alla prima categoria.

Il sonno di nostra figlia Elisa è stato condizionato brutalmente dalle coliche per sei-sette, infiniti mesi; così sfatiamo anche il mito che le famose “coliche dei tre mesi” durino appunto tre mesi: è vero soltanto nella metà dei casi.
Solo chi ci è passato attraverso può veramente capire cosa intendo. È come la guerra: o ci sei stato o non provare neanche a parlarne; e in effetti mentre passeggiavo nel mio piccolo soggiorno con Elisa in braccio a pancia in giù sul suo cuscinetto ascoltando per la tredicesima volta la solita canzone di Carboni che sembrava essere per lei rilassante(!?!?); verso la seconda ora di questa passeggiata dicevo, per non mettermi a piangere mi ripetevo: coraggio Stefano, in guerra quei poveri soldati nelle trincee sono stati sicuramente molto peggio di te.

Ecco cosa è stato in effetti: una guerra, contro un invisibile nemico che impediva a mia figlia di dormire. Le abbiamo provate veramente tutte: milicon, alginor, sondini rettali, latte materno, latte in polvere, latte di soja, farmaci omeopatici a decine (con grande sofferenza del mio portafoglio): nulla, tutto come acqua fresca.
E così, per impedire ad entrambi di sclerare, ci siamo suddivisi la notte, proprio come i soldati in trincea: al primo toccava addormentarla cullandola per 40-50 minuti e poi tirarla su quando i dolori la facevano svegliare, fino all’incirca alla 1 di notte, poi subentrava il secondo, che la gestiva fino alla mattina, quando due zombi si affacciavano alla porta della cucina mendicando bricchi di caffè. Di solito Elisa, sia resa grazia, ci concedeva una pausa delle 2 alle 5 di notte, quando entrambi riuscivamo a dormire un po'.

Quando toccava a me il primo turno, caricavo la bambina in macchina e la portavo urlante sulla statale Valassina, fino a Lecco (abitiamo a Lissone); all’incirca verso Verano Brianza la bimba crollava in una specie di trance più che di sonno, e a quel punto nulla poteva svegliarla, se non una sosta ad un semaforo (che sulla valassina non ci sono...). E così per circa tre ore mi facevo avanti e indietro a velocità di crociera, cercando di prendere tutte le buche possibili (i sobbalzi aiutano in caso di coliche) la distanza tra Lissone e Lecco, anche due volte nella stessa sera. A casa mia moglie si godeva il meritato riposo, non sapendo che il marito rischiava nel frattempo di goderselo anche lui al volante, risolvendo in quel caso per sempre i problemi di sonno della figlia.

La “fase valassina” è durate settimane, a cavallo del passaggio tra 1999 e 2000. Le coliche poi non sono scomparse improvvisamente, da un giorno all’altro, come qualche mio collega mi aveva fatto sperare, ma molto lentamente, a sobbalzi, due passi avanti e uno indietro, fino all’incirca ai sette mesi.
Ora riesco a scherzare su tutto ciò: Elisa ha tredici mesi, ed è una splendida bimba; le diamo il latte la sera alle 21.30 l’appoggiamo nel lettino in silenzio e lei ronfa che è una meraviglia,
fino almeno al suo pasto notturno a cui è tanto affezionata, che avviene quasi sempre verso le due, tre di notte; si fa fuori un altro biberon e si riaddormenta fino alla mattina. Non abbiamo mai avuto il bisogno di metterla con noi nel lettone, solo qualche volta la culliamo, ma solo per pochi minuti.

I momenti tragici sono durati molto, ma sono finti. Sapevamo naturalmente che sarebbero finiti, ma quando ci si è dentro, il tempo perde il suo significato e ogni momento è eterno. A ricordo di questa esperienza rimane solo un foglio che stampai mesi fa e che ancora oggi resta attaccato alla porta d’ingresso, severo e ammonitore; dice: “ non faremo mai più un altro figlio”; mia moglie si è rifiutata di firmarlo, così ho dovuto falsificare la sua firma, e ora è completo. Lei dice - e non solo lei, lo dicono tutti - che presto cambierò idea. Io credo di no: la Valassina è sempre lì a memoria, ma in effetti tutto è possibile. Ogni bimbo è una storia a sé.
Noi probabilmente il pegno lo abbiamo già pagato per sempre.

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